GIUSTINO FORTUNATO E IL SUO STORICO PALAZZO
di Michele Traficante
Sono ormai trascorsi più di centosessanta anni dalla nascita di Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, 4 settembre 1848 - Napoli, 23 luglio 1932). E' opportuno richiamare alla memoria, a distanza di tanti anni, la vita e,soprattutto, l'insegnamento del grande meridionalista e uomo politico rionerese? Riteniamo proprio di sì, non fosse altro per ricavare raffronti con la classe politica dei nostri giorni.. Per adesso, ritornando al nostro don Giustino, vogliamo fermare la nostra attenzione, con brevi cenni, sul suo storico Palazzo, dichiarato anni addietro d'interesse nazionale, con ingresso in Via Garibaldi, già Via Teatro Vecchio, di Rionero in Vulture.
La residenza originale, costituita dalla vecchia abitazione con l'ingresso rivolto a nord, risale alla prima metà del 1700. Era munita e circondata da vari locali (magazzini, stalle, cantine, depositi attrezzi vari ecc.) aveva anche un accesso monumentale su via Garibaldi, tuttora esistente ed un vasto cortile. Successivamente, quando la "fortuna" della famiglia Fortunato, si accrebbe e si consolidò in "averi" ed in prestigio, si costruì, si ampliò e si abbellì come si evince dalla lapide fatta apporre nell'atrio da don Giustino nel 1923, l'attuale elegante edificio a due piani con Torretta ed ampio giardino. Lo storico Palazzo ospitò, nel corso degli anni, nelle sue ampie e comode sale tanti illustri uomini di cultura, politici ed artisti.
Il re Giuseppe Bonaparte vi sostò il mattino dell'11 aprile 1807, cavalcando da Venosa a Valva (in provincia di Salerno); il re Ferdinando II di Borbone albergò la sera del 5 ottobre 1846, viaggiando da Potenza a Melfi. Furono ospiti il presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli, il ministro Emanuele Gianturco, il grande storico tedesco Teodoro Mommsen, padre Givanni Semeria, don Giovanni Minozzi ecc. Tanto per fare alcuni esempi. Lo stesso giardino, con i suoi secolari e maestosi elci, alla cui ombra e tra i roseti Giustino ed Ernesto Fortunato, giovinetti, si ricevevano dalla zio Gennaro, fine letterato, la "mezza piastra borbonica d'argento" in premio della citazione di una ode oraziana mandata a memoria, oggi purtroppo ridotto a sterile parco poco curato, è tutto unico col Palazzo. Infatti, le alte mura che un tempo lo dividevano dalle strade e dai fabbricati adiacenti lo testimoniano. Nell'altissimo muro che esisteva fino a qualche decennio fa, poi abbattuto e sostituito con ringhiera di dubbio gusto, sulla via già Savonarola, poi intestata ad Ernesto Fortunato e che ora porta il nome di Giacomo Matteotti, vi era una porta murata della medesima grandezza e con il medesimo stile gotico del portone principale prospiciente sulla via opposta (oggi via Garibaldi). Si entrava anche da questa porta fin verso il 1900, quando venne murata in seguito a tentato furto.
Ora che lo storico Palazzo Fortunato è stato, come dire, rimesso a nuovo mediante complessi e costosi lavori di consolidamento e restauro, sarebbe opportuno che anche il parco venisse adeguatamente curato, magari facendolo ritornare accogliente giardino reso accessibile al pubblico. Importante ed indispensabile anche trovare una giusta e definitiva destinazione dei numerosi ambienti, non perdendo di vista la funzione di stimolo e di fermento culturale (con il ripristino del "Premio Fortunato", ad esempio, a cui tante energie ha profuso il compianto senatore Nino Calice) cui il Palazzo deve essenzialmente assolvere. Solo così anche la Biblioteca comunale, che porta il nome dell'insigne meridionalista e uomo politico di Rionero in Vulture, e lo storico, elegante edificio potranno tornare agli antichi splendori ed essere un prestigioso punto di riferimento per studiosi, amanti dell'arte e della storia del Mezzogiorno d'Italia. |