LETTERE INEDITE DI GIUSTINO ED ERNESTO FORTUNATO
Volume di Michele Traficante e Leo Vitale
di Rocco Zagarìa
Le opere di Giustino Fortunato pubblicate ormai in varie edizioni, le rassegne storiografiche ed antologiche che lo riguardano e gli stessi manuali scolastici di storia fanno sì che Egli sia ammirato grandemente e considerato uno dei più gloriosi e benemeriti meridionalisti. Modestamente io, essendo stato sia da giovane un lettore attento dei volumi più importanti di don Giustino sulla questione meridionale (tra cui “Il Mezzogiorno e lo Stato Italiano”, lodatissimo da Benedetto Croce) ed altresì dei suoi pregevoli studi sui prediletti Orazio, Dante e Manzoni, appena divenni preside del neonato liceo classico di Pisticci nel lontano anno scolastico 1963-64 promossi ed ottenni che quell’istituto fosse intitolato appunto al grande Rionerese. Il libro ancor fresco di stampa pubblicato da Michele Traficante e Leo Vitale intitolato “Corrispondenze di Giustino ed Ernesto Fortunato” (edito dall’Associazione culturale Aglianica di Rionero, gennaio 2008), non aggiunge nuovi motivi per stimare don Giustino, ma adempie ad un’altra speciale funzione: ce lo fa amare fervidamente, anche alla luce dei suoi rapporti col caro e degno fratello Ernesto (di cui è dato un ritratto magnifico) e ci fa conoscere le ascendenze e i luoghi di famiglia. Le lettere abilmente scovate in archivi privati (e meritoriamente messe a disposizione per la stampa), quindi dottamente presentate e nitidamente riprodotte anche nei testi manoscritti, sono elementi che ci avvicinano amabilmente, con tenerezza d’animo, agli affetti privati, alle amicizie, agli interessi familiari di don Giustino e di suo fratello Ernesto, ed altresì a come essi favorirono generosamente le popolazioni in mezzo alle quali vivevano. Così balza ammirevole la loro probità e bontà. Anche qualche debolezza di don Giustino è rivelata (come laddove Egli stizzosamente lamenta “la vuotaggine e la miseria spirituale e materiale di un suo successore”), e ciò rende più accattivante la sua umanità e la sua personalità, la quale, peraltro, come ha ben evidenziato Vitale, fu afflitta duramente da calunnie sui presunti favori di suo padre ai briganti nel fatidico triennio 1861-1863 e forse anche sul freddo distacco dello stesso don Giustino dal regime fascista imperante. Un contadino del suo paese (un tale Mauro Pomilio fu Donato) il 28 luglio 1917 lo ferì inconsultamente con un punteruolo, quando era già anziano. Vari lutti familiari, soprattutto la perdita del fratello Ernesto, morto nel 1921, lo rattristarono ancor più durante gli ultimi anni di vita. A ciò si aggiunge la sicura prospettiva dell’estinzione del suo secolare casato, giacché, pur avendo suo padre avuto tre figli maschi, solo Luigi si sposò ed ebbe un figlioletto unico che morì in tenera età. Finché Ernesto visse fu di grande conforto per il grande fratello. Michele Traficante ce lo presenta magistralmente in tutta la ricchezza delle sue virtù civili, eccezionali per quei tempi. Ernesto, infatti, avendo rinunziato alla carriera forense, si dedicò totalmente all’azienda agricola di famiglia sita in quel di Gaudiano di Lavello, ove realizzò un’intelligente esemplare modernizzazione, ma soprattutto adottò un comportamento nobilissimante amichevole, quasi fraterno, con i contadini al suo servizio, tanto che costoro l’adoravano e l’osannavano col soprannome di “ Cristo dei perastri”: Traficante non senza amarezza ricorda, a disdoro dei responsabili, che vilmente qualche dopo l’avvento della repubblica fu tolto al nome di Ernesto Fortunato l’intitolazione di una strada di Rionero. Con partecipazione affettuosa, oltre che con penetrante acume, Traficante illustra sia l’origine e gli sviluppi del casato dei Fortunato sia le vicende del palazzo storico sito in Rionero, che ospitò, fra gli altri, Giuseppe Bonaparte, Ferdinando II e il Presidente Zanardelli. Inoltre l’illustre pubblicista estende ai fabbricati di Gaudiano la sua attenzione meticolosa. Tante toccanti fotografie integrano, per così dire, la rappresentazione di quanto narrato nel libro. Il quale, peraltro, non manca di considerare, pur con agilità espositiva, questioni importanti sul piano squisitamente storico. Ad esempio, si rileva efficacemente, da parte di Vitale, l’analisi compiuta appassionatamente da Giustino Fortunato, delle cause della miseria delle popolazioni meridionali nel suo tempo, analisi in qualche modo diversa da quella del Croce, superata però solo successivamente, per naturale evolversi del progresso, dall’illustre conterraneo Francesco Saverio Nitti. Molto significativa, d’altro canto, mi pare la rievocazione, fatta brillantemente da Traficante, dei meriti degli antenati più illustri di don Giustino; in particolare è rilevato come Giustino Fortunato senior ottenne cariche eccellenti dai Bonaparte e successivamente i Borboni, lungi dall’epurarlo – come si farebbe oggi - lo elevarono a funzioni ancora eminenti e tutto ciò vale a ridimensionare quel disprezzo versato con ingiusto accanimento contro quella che, a parte il nome, fu la più veramente italiana delle dinastie rege. Il volume in argomento, dunque, merita di essere apprezzato sotto vari aspetti, anche da studiosi non lucani, dato il suo contributo variamente prezioso alla conoscenza d’importanti fatti, situazioni e vicende.
Il volume, corredato da numerose fotografie, alcune della quali inedite, è stato presentato nei giorni scorsi nella sala convegni dell’austero Palazzo Fortunato, alla presenza di un numeroso e qualificato pubblico, con le brillanti e dotte relazioni dello storico Michele Strazza (Giustino Fortunato ed il fascismo) e del prof. Donato Pruonto (i rapporti di Giustino e d Ernesto Fortunato con la famiglia Mennella). L’importante incontro culturale, moderato dal giornalista Pasquale Tucciariello, è stato preceduto da un breve indirizzo di saluto da parte del sindaco di Rionero in Vulture Antonio Placido, da una comunicazione dell’arch. Donato Rondinella, presidente dell’Associazione Culturale “Aglianica e concluso con gli interventi degli autori del libro Michele Traficante e Leo Vitale. Con l’occasione, una delegazione di Giffoni Valle Piana (Salerno), capeggiata dal sindaco Paolo Rossomando, ha fatto dono alla città del Vulture di una pregevole scultura di legno d’ulivo in memoria di Giustino Fortunato, realizzata da Enzo Giannattasio su iniziativa di Mauro Discepolo presidente della Ciclo Picenzia di Giffoni Sei Casali. |