SCRIVONO DI LUI...
Una discesa ne “Il fosso della Signora”,
racconto di Pasquale Tucciariello
di Maria Carmela Mugnano
“Alcuni luoghi parlano con voce distinta… certe vecchie case esigono di essere popolate da fantasmi… Sembrano ancora in attesa della leggenda giusta.”
Questa considerazione di Robert Louis Stevenson, l' avventuroso Autore de L'isola del tesoro, si riferisce indubbiamente a luoghi così peculiari e facilmente riconoscibili per le loro caratteristiche, che non possono non ispirare leggende. E cosa sono le leggende se non storie affascinanti che traghettano nel tempo l'anima originaria di un luogo e, insieme ad essa, i sentimenti, le paure, le speranze della gente che ci ha vissuto, che potranno così diventare emblematiche e legarsi al territorio e al tempo in cui si sono svolte? Ma le leggende sono anche storie che attingono a caratteri universali, aspaziali e atemporali, propri dell’animo umano, se se ne scoprono tante con incredibili corrispondenze presso popolazioni di latitudini e culture molto distanti tra loro. Alla luce di queste considerazioni, credo che il racconto Il fosso della Signora di Pasquale Tucciariello realizzi un’operazione letteraria e culturale amorevolmente tesa a riempire, da parte dell'Autore, il vuoto narrativo intorno alla misteriosa località del Vulture, così chiamata dalla gente locale, con dei contenuti che si riallacciano a esperienze umane universali come “l’amore infelice”, “il sacrificio familiare”, “l’amicizia e la solidarietà tra simili”… Situazioni che, all’interno del racconto, tratteggiano storie intense, immerse in una natura che è la vera protagonista in quanto è da essa che trae nutrimento, e poi linfa di nuova vita, la vicenda principale.
Il fosso della Signora è una depressione del terreno nella pianura tra Rionero e Atella, un luogo di cui si è perso il significato originario del nome. Pertanto nessuno oggi sa chi fosse la Signora, nessuno conosce la sua vita e gli accadimenti che in epoca remota l’hanno legata a quel fosso. Si sa soltanto che, nei passaggi generazionali, la figura della donna è stata messa sempre più in relazione alla tenebrosità del luogo e si è adombrata di crescente timore o di malcelata superstizione popolare. Qualcuno raccontava di averla vista in sella ad un cavallo emergere da quel baratro nella controra estiva, come un lampo che viene fuori dalle viscere della terra… E un lampo non si ha il tempo o la voglia di guardarlo negli occhi per conoscerne le intenzioni. Per cui nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a quel fosso, come a tutti gli altri luoghi della controra, quelle prime ore pomeridiane di calura estiva in cui il tempo si fa immobile, l’aria si posa e la vita si ferma per dar modo a folletti, streghe e altri spiriti maligni di uscire dai loro nascondigli… E allora meglio stare alla larga dalle visioni della controra.
Ma questa voce popolare, tanti anni fa, deve avere avuto una grande ripercussione nella mente di un bambino, Lino, che tutti i giorni in quelle ore si trovava costretto a passare nelle vicinanze del fosso per un' incombenza che gli affidavano i nonni : portare da mangiare ai mietitori dei loro campi. Lino è il nomignolo che veniva dato all’Autore da piccolo e forse, già da allora, per esorcizzare il batticuore giornaliero di quel tragitto ineludibile, fiorivano nella sua fantasia storie “buone” che prendevano il sopravvento su quelle “cattive” ristagnanti nell'aria lì intorno. Per popolare di personaggi e di elementi il racconto bastava semplicemente guardarsi attorno nel territorio: i campi di grano, i mietitori, una giovane e povera spigolatrice che passa a raccogliere le spighe lasciatele dalla benevolenza dei mietitori... E poi Lei, la Signora, una donna bella e facoltosa, ma malmaritata, con la sua cavalla della miglior razza avelignese a cui è molto affezionata, e che per lei rappresenta una spada mitica e dirompente visto il nome che ha dato al destriero : Durlindana. No, una donna così non può essere cattiva… ma infelice si. E perché una Signora di questo ceto può essere infelice se non per amore? E la sua corsa nel vento non potrebbe essere solo un modo per sfuggire a quanti, potendo alzare lo sguardo su di lei, riuscirebbero a scoprirne le debolezze? Tutti gli elementi erano già lì in attesa di essere raccolti, filtrati, fusi, perché se storia ci doveva essere non poteva che essere “quella”. E se quel luogo così particolare era ancora in attesa della leggenda giusta, Pasquale Tucciariello, ispirato dalla profonda conoscenza e amore per la sua terra del Vulture, gliel'ha data.
Non mi soffermerò sulle vicende narrate nella storia, quanto sull'osservazione in essa di alcuni interessanti presupposti che realizzano di fatto “evoluzioni educative” diverse nelle due protagoniste, la Signora e la spigolatrice Serenella. Nel racconto si scopre che entrambe le donne, che poi diventeranno amiche d’elezione, sono delle trovatelle. Ma, mentre Serenella acquisisce ben presto cognizione e consapevolezza della sua origine, la Signora viene a saperlo in un momento cruciale della sua vita. Nel caso di Serenella … mani pietose l'avevano raccolta e le avevano dato come famiglia tutto il vicinato, tutti disposti a sollevarla portandola ora in una casa, un altro giorno in un'altra e poi un'altra ancora. Divenuta giovinetta ella dimostra una grande capacità nella realizzazione del percorso di vita che ha scelto, stabilendosi coraggiosamente in un vecchio rudere abbandonato che viene rimesso in sicurezza e arredato con mobili e suppellettili che tutti fanno a gara a donarle… perché tutti la considerano una figlia. Serenella impara presto i lavori da cui potrà trarre sostentamento nella vita : il cucito, il ricamo, senza disdegnare il lavoro pesante manuale delle vigne, dei campi o della cura del suo orto, e a quel punto … era diventata oramai quasi completamente autonoma. La ragazza, che ha avuto diverse richieste di matrimonio, sceglie di non curarsene, almeno per il momento. Quello di Serenella è un percorso lineare evolutivo, di crescita e di autonomia, anche affettiva, e la sua maturità e stabilità emotiva dimostrano il buon risultato dell’educazione data da una comunità attenta e responsabile.
Di contro … anche la Signora, in tenerissima età, era stata abbandonata… poi allevata da una famiglia perbene e in età di matrimonio andata in sposa ad un ricco agrario del posto… che lei non voleva sposare… La ragazza è disperata e piange perché ama un bel giovane, ed è lui che ha scelto per marito. Ed ecco che quelli che ha sempre ritenuto i suoi genitori naturali le fanno una rivelazione : non è la loro figlia biologica, è stata adottata e, per convincerla a rinunciare ad ogni pretesa sentimentale, le fanno un accorato discorso “protettivo” : “ Non abbiamo altro. Sei tutto per noi, la nostra vita, la nostra speranza, il nostro futuro. Vivremo in te per sempre. Ma vogliamo andarcene sapendoti al riparo dalla miseria.” La ragazza non rispose. Abbassò la testa. Una resa. Del resto era una trovatella, stabilì. Il discorso va a toccare corde profonde che fanno leva e condizionano il suo futuro, di fatto quella rivelazione è per lei una sentenza.
Il percorso della Signora è, al contrario di quello di Serenella, involutivo in quanto a possibilità di scelta, e perdente per la sua realizzazione sentimentale. C’è da dire che un tempo accadeva spesso che fossero i genitori a consigliare o a decidere per i figli chi dovessero sposare, in nome di “un amor filiale” che spesso celava decisioni opportunistiche o di convenienza economica o sociale. Nei confronti di questa ragazza vi è un larvato ricatto affettivo alimentato dalla riconoscenza che una trovatella deve avere nei confronti di chi le ha dato una famiglia. Situazione a cui Serenella non dovrà mai soggiacere perché non vi è nessuno in particolare che possa metterla davanti a una scelta obbligata. Serenella è figlia di tutti e tutti si sentono liberi di donarle qualcosa, senza che alcuno possa utilizzare una posizione affettivamente privilegiata per imporle un matrimonio, sia pure in una previsione di ricchezza e protezione future. L’elemento che fa di Serenella una figura viva e moderna è che la ragazza è stata abituata ad attivare fin da subito la sua capacità di decisione e autoprotezione.
Le caratteristiche di crescita di Serenella sono proprie delle società che vengono definite alloparentali in cui vige, all’occorrenza, una “genitorialità diffusa” e l'educazione di un bambino è un compito sociale avvertito da tutta la collettività. Eminenti scienziati e antropologi hanno rilevato i risvolti positivi, in termini di autonomia e fiducia nelle proprie capacità, da parte di bambini allevati con un sistema di responsabilità collettiva presso le società a carattere tribale da loro osservate. In particolare è rilevante, in queste società, il tempo che viene concesso al dialogo e all'interazione tra individui, l'apprezzamento e il sostegno che vengono continuamente trasmessi al bambino, il suo contatto fisico costante e prolungato nel tempo con la madre o con quanti si prendono cura di lui, la responsabilizzazione degli individui fin da piccoli … Per quanto possa sembrarci anacronistico e fuori luogo, questo modello, con diverse modalità, ha caratterizzato la storia dell’Umanità dalle sue origini fino ai processi economici e sociali che hanno portato, in epoca industriale, all’urbanizzazione delle famiglie e alla loro chiusura in nuclei. Secondo gli studi svolti l'educazione alloparentale è stata determinante per lo sviluppo dell'intelligenza ed apertura sociale del genere umano e ne andrebbero colte, da parte dei genitori moderni, le valenze di apertura che possano aiutare i loro figli a sviluppare maggiore autonomia e sicurezza emotiva con adeguati supporti e aiuti esterni.
Mi sembra, pertanto, che il racconto di Pasquale Tucciariello, in cui si delineano chiaramente nell'Autore, oltre alle sue capacità narrative, quelle di istruttore ed educatore, ci offra diversi spunti di riflessione - anche poetica, data la suggestione dei luoghi e delle storie - sui grandi temi dell'amicizia, dell’educazione, del rispetto per le creature della terra … Tutti da cogliere perché il misterioso fosso della Signora, diventato sempre più profondo e tetro nell’immaginario popolare, non poteva essere riempito e fatto emergere dalla terra del Vulture con immagini, argomenti e personaggi più belli e appropriati.
Maria Carmela Mugnano
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