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19/04/2023
Non siamo ancora del tutto dei robots e un libro ancora “fa figo”: conversazione con Giovanni Rodini, editore |
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a cura di Angela De Nicola |
“Lettera 52” è il nome di una piccola realtà editoriale italiana dal volto inusuale: dal 2021, sua data di nascita, la sede di questa casa editrice nata sul web ha infatti deciso di optare per l’insediamento della sua sede fisica in Germania e precisamente a Francoforte sul Meno, cuore d’Europa e sede del Buchmesse, una delle più prestigiose ed internazionali fiere librarie dei nostri giorni. Giovanni Rodini, che l’ha fondata e che si divide nel suo lavoro di editore con altri quattro soci e connazionali, è attualmente proiettato, tra le altre cose, anche sull’incisività della comunicazione social, curando un podcast intitolato “Di Notte” che potete trovare su YouTube e che vi invito ad ascoltare.
Giovanni Rodini, editore |
La notte è madre delle riflessioni più profonde, più illuminanti e caratterizzanti: ed è con la stessa profondità che anima i suoi podcasts che pochi giorni fa Giovanni Rodini ha voluto intavolare con la sottoscritta una piacevolissima conversazione avente come punto di partenza il ruolo della piccola editoria italiana oggi.
Ma i libri - si sa - sono un punto di partenza fecondo che spinge a parlare alla fine davvero un po' di tutto: dell’uomo, del suo pensiero, delle direzioni e delle pieghe della vita e della società, delle lotte, di illusioni e delusioni, di difficoltà e successi. Mai come oggi ci troviamo di fronte ad una svolta epocale e mai come prima l’uomo si prepara a trasformazioni interiori ed esteriori classificabili come tra le più rilevanti della storia, a cominciare da ciò che egli ha dentro, ovvero il pensiero, per finire con ciò che fa parte della sua esteriorità, dall’aspetto fisico al suo stesso linguaggio e modo di comunicare.
La congiuntura storico-scientifico-culturale è talmente forte da accomunare la scoperta dell’intelligenza artificiale, della robotica e della digitalizzazione a quella che un tempo portò l’uomo alla ruota, al fuoco, alla scrittura, alla scoperta delle Americhe, all’allunaggio.
In questo crocevia temporale “da brivido”, mi sono interrogata assieme a Rodini su dove sia diretta oggi la via della comunicazione umana, su quale peso abbia ormai per noi il concetto di libro e di editoria nel senso più classico del termine e su dove, infine, ci condurrà l’intelligenza artificiale ad iniziare da Chat gpt per finire ai lavori che potrebbero sparire nei prossimi anni proprio a causa dell'intelligenza dei robots.
Parlare con Rodini mi ha aperto un mondo, ha sollecitato domande urgenti che nessuno di noi può ormai permettersi più di eludere. I tempi si fanno stretti.
“Secondo il World Economic Forum, le nuove tecnologie sostituiranno ben 85 milioni di posti di lavoro entro il 2025. Il 2025 è tra due anni. Lavori legati alla scrittura di articoli o di testi, customer service, ma anche programmazione e analisi dei dati.”
E’ così che iniziamo la nostra conversazione: Rodini mi pone subito dinanzi ad un dato di fatto che nessuno sembra poter contrastare e che a sentirselo dire mette quasi il panico.
- “Sì”, aggiungo “ricordo di aver letto ultimamente un articolo che parlava di questo genere di dati; se non sbaglio si trovava sul New York Post di qualche mese fa ed aveva un titolo cubitale che tuonava: "Il lupo è alla porta". Mi chiedo se davvero è tutto perduto, se dobbiamo cioè già rassegnarci a dover perdere il lavoro nei prossimi anni. C'è qualcosa che secondo te si può ancora fare per proteggere la nostra unicità e rimanere rilevanti, creativi e umani nel mercato del lavoro?”
“Credo che l’unica cosa su cui contare per poterci ‘salvare’ sarà continuare a credere nella bellezza di ciò che ci piace fare come esseri umani, godendoci il viaggio creativo che fortunatamente è ancora classificabile come lavoro, coltivando quindi le competenze che ci rendono unici: le cosiddette soft skills”.
- Posso chiederti perché “Lettera 52” ha deciso di lasciare il mercato italiano dell’editoria per trasferirsi in Germania? So che cambierete addirittura nome…
“La nostra piccola società si è decisa per la Germania in quanto la situazione editoriale e culturale italiana è in pieno deficit e questo calo si traduce -come è ovvio- in un oggettivo negativo economico per chiunque voglia iniziare ad investire nell’editoria. Premesso che comunque non occorre un enorme capitale per aprire una micro-realtà editoriale e premesso anche che la situazione attuale tedesca alla fine non è molto più confortante di quella italiana, posso tuttavia affermare che la cultura tedesca corrisponde, almeno per il momento, in maniera più consona alle nostre aspettative generali di piccola casa editrice.
- “Sai” continuo “Credo di aver letto ultimamente la dichiarazione dell’Amministratore Delegato di Facebook, il quale ha già previsto addirittura il 50% della forza lavoro mondiale con contratti stabili da remoto entro il 2030:non so se sia un’esagerazione o la solita bufala ma tutto questo forse si tradurrebbe in maniera abbastanza coerente con un senso generale di ‘ cittadinanza del mondo ’ per quanto riguarda le sorti lavorative dell’occidente…
“Ma sai, al di là delle posizioni estreme, senza dubbio il trend del lavoro da remoto e in generale del lavoro flessibile è qualcosa di molto molto concreto e costante e non più occasionale o saltuario. E non si tratta solo di un desiderio delle aziende ma dei dipendenti stessi i quali, se potessero scegliere, continuerebbero a lavorare in smart working a tempo pieno o comunque in un ambiente di lavoro ibrido. Aggiungo dicendoti che alla fine non si parla solo del "dove lavorare": se il digitale sta prendendo il sopravvento dappertutto, ciò richiede davvero un forte spirito di adattamento. D’altra parte, se è vero che le nuove frontiere lavorative contribuiranno a definire una parte della nostra nuova identità umana del terzo millennio, è anche vero che se esiste un tratto pienamente “nostro” - pienamente umano appunto - che ci salverà, questo è senza dubbio la curiosità, cosa che per adesso i robots non hanno. La curiosità è spesso definita come un "forte desiderio di sapere o imparare qualcosa", ma allo stesso tempo è molto più di questa definizione. Quando siamo curiosi, siamo aperti e questo ci distingue - almeno per il momento - dalle macchine che certo non chiedono di poter esplorare nuove idee, esperienze e possibilità, non si aprono alla bellezza dell'incontro con nuove persone o all'apprendimento di nuove cose se non comandati dagli esseri umani”.
- Giovanni, è dunque su questa apertura, su questa curiosità che secondo te dobbiamo alimentare la nostra illimitata potenzialità di crescita?
“Certamente: dirigere il proprio mindset verso la curiosità significa guardare il mondo attraverso la lente di ciò che è possibile, non solo di ciò che letteralmente è e basta. La curiosità è l’acceleratore della nostra macchina interiore.”
- “Sai” continuo “Credo proprio che la curiosità, quell'antidoto ad una vita noiosa, passiva e mediocre sia sempre stato il motore della scrittura ad ogni livello: dal saggio alla poesia, al racconto, al romanzo: dai premi Nobel al circuito di lettura locale”.
“Lo credo anch’io: uno scrittore nasce così. Nasce bene, ma poi deve fare i conti con realtà concrete: deve produrre, cioè, pensando a dove va il mondo della microeditoria oggi nel suo rapporto ormai sfasato tra domanda e offerta, quella che vede in pratica troppi scrittori e pochi lettori; oppure dovrebbe chiedersi cos’è davvero oggi il libro in Italia: nient’altro che un oggetto accessibilissimo e non più di culto come nel passato, uno status symbol per tutti e non più per pochi.”
- Stai cercando forse di dirmi che oggi è uno sproposito pensare di scrivere libri che vadano oltre le 300 pagine e che sia blasfemia assoluta parlare di qualcosa che si avvicini al migliaio di pagine?
“Esattamente: ieri l’utente dei libri era qualcuno che si classificava altro dal contadino che tornava stanco dai campi e che non sapeva scrivere nemmeno il suo nome. Oggi, bene o male leggono tutti e si legge con tutto e dappertutto: sul divano con in mano il volume di carta, in metro con il cellulare o l’App. Un libro ‘fa figo’ anche se lo compri e non lo leggi perché il suo prezzo è ormai accessibile: ti permette di arredare la tua libreria senza doverti preoccupare di sfogliarlo per forza. Oggi, per giunta, si va in classifica best sellers già con settemila copie vendute e comunque puoi considerarti fortunato se di copie riesci a venderne dalle duecento alle trecento: specchio dei tempi che cambiano e che ci fanno capire in maniera evidente cosa sia rimasto dell’amore per la lettura, considerando per giunta che un grande lettore nel 2023 è colui che legge dagli otto ai dieci libri l’anno.”
- Ho l’impressione da quello che mi dici che quell’aura di sacralità legata alla letteratura si stia per dissolvere definitivamente…
“Non credo di apparire eccessivo se mi spingo a dire che in realtà la letteratura così come la intendiamo dalle passate nozioni scolastiche è ormai morta da un bel po'. Al massimo, oggi si può parlare di narrativa: e ti garantisco che la dinamica è ben altra dalla letteratura in senso stretto. L’american action non è letteratura; per come la vedo io, Stephen King sta alla letteratura come Netflix sta al Cinema.”
- Sono punti di vista, peraltro sacrosanti: andiamoli a riferire al lettore medio però: forse non sarà esattamente del tuo o mio parere ed è appunto qui che tutto torna … a proposito di lettore medio, qual è il suo identikit dal tuo punto di vista?
“Sarò lapidario: poiché oggi moltissimi si occupano di scrittura, moltissimi pretendono di scrivere e così, nel suo piccolo, anche Lettera 52 è stata travolta da questa ondata quasi invadente di scrittura. Siamo una piccola realtà di quattro soci e ultimamente la media delle valutazioni annue dei nostri manoscritti si aggira intorno alle 40 proposte. I nostri criteri però ci permettono di portare a rango di libro solo quattro o cinque delle proposte iniziali che bussano alla nostra porta. Abbiamo un criterio metodico e serrato: si passa al vaglio di letture incrociate ed indipendenti, dopodiché i soci vengono a confronto sul manoscritto e se è il caso lo approvano definitivamente. Perché dico questo? L’abbondanza di bocciature verte su due aspetti: chi scrive fondamentalmente non legge. Un buon scrittore - che è anzitutto un grande lettore - non può permettersi la mancanza di una struttura narrativa di fondo per il suo libro e nemmeno una povertà di coerenza interiore o tematica: se ad esempio nel tuo libro parli del Brasile, allora devi conoscere la geomorfologia di quella terra; se mi ambienti un racconto in una piccola città degli Stati Uniti devi calarti per bene in quell’ambiente sociale. È la base: e più spesso di quanto non lo si creda, la base manca.”
- Dove va secondo te oggi la letteratura mondiale?
“Va grossomodo dove va la società. Le mode, le tendenze, le direttive culturali, vengono stabilite come sempre dagli USA, passano per il Giappone per poi essere riassorbite e digerite, con tutti i ritardi e i contraccolpi del caso, nel Vecchio Continente. Semmai, un nuovo linguaggio, un nuovo esperanto, provengono dall’America Latina: è lì a quanto pare che la freschezza e l’inventiva non hanno perso la loro naturale dimora … da Garcìa Marquez in poi.”
- E i francesi? Insomma, dobbiamo o no a loro i maggiori ibridi letterari del secolo scorso?
“La Francia ha fatto scuola: ma se pure producesse altre rivoluzioni letterarie, il mondo, almeno per come la vedo io, non è più destinato a seguire quelle rivoluzioni. Come ti dicevo all’inizio, andiamo ormai abbastanza velocemente verso le macchine-scrittori: la parola sarà presto completamente dominio dell’intelligenza artificiale che del resto fagociterà quasi tutti gli aspetti del nostro vivere quotidiano. Chi si accorgerà tra qualche anno se un romanzo di successo è stato o no scritto da un’intelligenza artificiale? Quasi certamente il caso passerà per quello di una Elena Ferrante di turno, stavolta non in carne ed ossa, che vorrà proteggere a tutti i costi il proprio anonimato dietro lo sbocciare improvviso e prorompente di uno scioccante successo. Certo, tutto questo fa paura ma è la realtà verso cui per naturale evoluzione saremo destinati. Vuoi che una macchina che già ci sorpassa nell’abilità delle contrattazioni o che sarà in grado di prevedere il periodo esatto della nostra morte e che in base a quel periodo stipulerà una precisa e conveniente assicurazione sulla vita non sia in grado di scrivere delle pagine da Nobel per la letteratura?”
- E allora qual’ è il rischio per gli esseri umani in tutto questo?
“Molto semplice: potrà capitare che il segreto ultimo dei meccanismi del linguaggio dei robot sfugga completamente di mano, tagliandoci totalmente fuori da ogni nuovo sistema, fino a rendere reale ciò che Isaac Asimov presagiva nella sua scrittura e cioè il superamento delle intelligenze artificiali su quelle umane con il rischio concreto di una vera e propria sovrapposizione delle due parti in causa, quando non del predominio dei primi sui secondi. Ma una macchina non può ancora ridurre l’azione del cuore. Ed anche se gli slanci dello spirito oggi appaiono in perdita, in sconfitta, fuori moda, sorpassati, anche se da tempo c’è ormai poca attenzione, poca richiesta e poca importanza al loro establishment, l’invito vero che ci riporta a riconnetterci con la dimensione umana non è certo quello di essere costantemente un business per se stessi o per gli altri oppure un meccanismo continuo e ansiogeno di produzione e performance, bensì quello di aprire ancora, se possibile, una semplice ed ossigenante finestra interiore che ci faccia vivere facendo ciò che davvero può dare giovamento alle nostre vite, assecondando cioè il nostro senso artistico non necessariamente in vista di un successo. L’arte è vita e la vita di questi tempi è spesso direzione ostinata e contraria: ben altro dalla massificazione che tende a lasciare vuoto e solitudine con alle spalle uno sfondo di grande, inutile, generale competizione.”
- Dopo queste tue parole ti confesso di sentirmi quasi alla vigilia di una grande apocalisse umana e culturale, in preda ad un invito a consumare ciò che di umano resta all’interno di una cerchia di individui consapevoli di marcare gli ultimi giorni di Humanitas…
“Ma no, dai: saremo pure arrivati al bivio e al lumicino ma credimi, siamo pur sempre di fronte alla potenza di situazioni culturali e sociali che nascono dagli algoritmi e, come tali, di fronte a basi linguistiche e comportamentali che tendono di fatto alla semplificazione. Tocca attivarsi e rispondere a tutto questo con un linguaggio forbito e articolato che viene dal sentimento. Utilizziamo la manualità, l’artigianato, la creazione. Il futuro ci riprogetta ma noi ridisegniamolo ad arte, aperti verso una pluralità degli incontri in cui lo smart working e la social life funzionino solo da punto di partenza per instaurare e vivere conoscenze reali, profonde e durature. Partiamo dalla pluralità dei linguaggi che finora ci sono stati dati da conoscere (scrittura, parlato, tv, radio, podcast, social, web conference e web tv) per affinare le armi di un futuro ed inevitabile confronto (che spero non sia scontro) sulle strade del domani tra il ‘vecchio’ che retrocede e vuol giustamente lasciare la sua traccia storica e il nuovo che avanza, tra sconosciuti dalla pelle d’acciaio e umani dalle arterie di sentimento. Siamo ancora in tempo per la bellezza del vivere di linfa e sangue che nutrono, di intelligenza emotiva, di grandiosa semplicità.”
Angela De Nicola
Per Centro Studi Leone XIII
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