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IN RICORDO DI ENZO CERVELLINO
La sua passione civile e politica
di RAFFAELE TIRICO

 


Or son due anni che Enzo Cervellino non c'è più, il suo ricordo tuttavia non ci abbandona: tutto è presente, tutto continua a parlarci di Lui nella nostra Rionero, come se il tempo si fosse costituito in un eterno presente. Non ci abbandona il sentimento vivo del suo magistero educativo, avvertiamo profondo il significato ampio della preziosa eredità che ci ha lasciato.

Durante tutto il corso della sua prodigiosa esistenza, quasi interamente trascorsa a Rionero -- era nato a Venosa 9/aprile/1919, si è laureato a Roma in Lettere classiche il 17 aprile 1945, si è stabilito definitivamente a Rionero nel 1945-- molto è stato detto sulla sua passione civile e politica, sulla sua ottimistica e stimolante visione del mondo e della vita, molto ci ha insegnato da oltre mezzo secolo, ma molto ancora abbiamo da scoprire sull'uomo di cultura, sul saggista, sul politico. C'è un vasto materiale inedito raccolto che attende di essere esplorato.

Ero scolaro delle elementari nel lontano 1946, quando per la prima volta, in una radiosa giornata di fine maggio, lo incontrai nel palazzo Granata in Piazza della Vittoria sede della Scuola Media comunale, in occasione della presentazione della mia domanda di partecipazione agli esami di ammissione, allora quasi una prova d'ingresso ad un nuovo ordine di scuola. Per accedere alla Scuola Media bisognava sottoporsi ad un esame, non era stata istituita ancora la Scuola Media Unica. Bisognava attendere gli avvenimenti politici del 1962.

Non avrei mai immaginato che quell'incontro così casuale avrebbe segnato un solco profondo nella mia vita, si sarebbe situato nella mia esistenza come una data storica decisiva. Quello che più conta e che l'incontro ha dato inizio ad una amicizia, feconda, rara, senza ombre, mai alterata dalle contingenze ma continuamente sostenuta ed alimentata dalla condivisione di comuni ideali.

Negli anni che per la nostra Rionero definiamo “storici”, vale a dire negli anni Cinquanta del secolo scorso, gli anni della svolta civile, all'indomani della disastrosa seconda guerra mondiale, quando, giovani, eravamo più che mai inclini ad un sempre più convinto impegno di solidarietà nazionale, aprendo in questo modo fiduciosi i nostri animi al futuro, già provati dalla piega degli avvenimenti bellici, Enzo Cervellino, nelle associazioni cattoliche e politiche, nella scuola, nella vita pubblica*, ha costituito un sicuro e costante punto di riferimento per il paese, una guida certa in ogni circostanza, in ogni momento, anche di quelli più critici che non sono mancati, con attentati alla sua vita, che hanno tentato di mettere in discussione ogni valore, ogni azione politica costruttiva, che proprio in quegli anni andava prendendo corpo nel nostro ambiente a livello comunale. Se la sua personalità non fosse stata combattiva, sarebbe andato via dal paese. Invece è rimasto fermo al suo posto, ha continuato a lavorare per la città, a pensare, a scrivere, a promuovere iniziative culturali di largo respiro. Ha infine promosso un impegno editoriale collettivo di riscoperta della nostra identità storica, mettendo in primo piano la lettura del volto e dell'anima del paese.

 

* Non possiamo sottacere che Egli ha ricoperto sempre ruoli importanti e prestigiosi: presidente diocesano dell'Azione cattolica, segretario provinciale della Democrazia cristiana fino al 1958, strenuo propugnatore dell'Università di Basilicata, entusiasta sostenitore sin dalla prima ora dell'Europa Unita, consigliere ed assessore regionale, membro del Consiglio provinciale, Sindaco del Comune di Rionero in Vulture nella seconda metà degli anni '60 ed infine fondatore e presidente a Rionero dell'Università della terza età.

 

Nell'ambito di ogni ruolo pubblico e politico -- non ultimo quello di Consigliere e di Assessore regionale -- che Egli andava ricoprendo, non ha mai tuttavia abdicato alla sua vocazione primaria e fondamentale di educatore della gioventù. Per questo è stato sempre il nostro confidente, il nostro maestro di vita e di cultura, la nostra guida politica.

In ogni attività spendeva tutto se stesso, la propria intelligenza, la considerazione sociale e politica di cui godeva, per l'affermazione e la difesa della nostra giusta causa, che in fondo era quella di tutti i giovani alla ricerca di una propria dimensione.

Si poneva come un'autentica mano amica che, per impervi percorsi ed ardue difficoltà – eravamo negli anni Cinquanta tutti immensamente poveri eravamo sostenuti solo dalla nostra buona volontà e dal bisogno e desiderio di vivere --- ci ha guidati verso più agili percorsi. Diceva sempre, tra i banchi della Scuola, “per angusta ad augusta” sottolineando in questo modo, con espressione latina, l'impegno che ci vuole in ogni cosa e la forza dell'animo necessario in ogni circostanza e nei momenti difficili.

La sua pedagogia era una pedagogia della libertà nella responsabilità e nello sforzo quotidiano. Aveva, fra l'altro, fatto scrivere sui muri della Scuola tante massime di comportamento morale, ma quella più significativa mi era sembrata l'espressione che recita: “ nulla dies sine linea”, non deve mai arrivare la sera di un giorno, senza che si sia fatto qualcosa di serio, non si sia realizzata qualche piccola conquista.

Ha sempre avuto parole di speranza: intere generazioni di giovani hanno fatto ricorso alla sua esperienza, alla sua si può dire, innata disponibilità umana. Ovunque scopriva talenti, intelligenze da far maturare: individuava azioni buone da lodare e da incoraggiare. La Scuola Media Michele Granata dal 1945 ed in seguito tutti gli Istituti Medi Superiori –- sorti in Rionero per iniziativa del Comune e di lungimiranti cittadini, quali l'Avv. Antonio Caggiano, l'Avv. Donato Tribuzio, l'ing. Luigi Grieco ed infine il professore di matematica e fisica Antonio Masucci, docente di straordinario valore sul piano scientifico e didattico — hanno trovato in Lui il dirigente esemplare e motivato, l'animatore di eccezionale valore professionale. Si sottolinea che le scuole medie comunali di Rionero sin dagli anni '40 e '50 hanno sperimentato con successo l'esperienza della “partecipazione” democratica. Esse si ponevano in stretta simbiosi con i valori della città e con le richieste delle famiglie, grazie all'intelligenza dei loro amministratori e di uno staff di professori all'avanguardia: Cervellino ne era l'anima.

Era capace di galvanizzare intorno a sé totalmente le coscienze, di trascinarsi dietro intere folle, di far vivere nelle assemblee di Partito e nelle organizzazioni sociali cittadine momenti di alta tensione emotiva. Oratore nato, ovunque egli andasse lasciava il segno; la sua parola era nitida ed avvincente; il suo discorso sobrio e felice; il suo pensiero sempre denso, chiaro e limpido, la sua arte persuasiva, immensa! In Lui, scrive Giampaolo D'Andrea, l'amore per la propria terra, si coniugava mirabilmente, alla fine sensibilità dello studioso, e diciamo pure, dell'amico indiscusso e del padre di famiglia.

Per una più esaustiva e migliore completezza del profilo dell'uomo che stiamo tentando di tracciare, della sua passione politica, non possiamo non ricordare brevemente la pur sfortunata campagna elettorale che lo vide dinamico protagonista candidato al Parlamento nella lista della Democrazia Cristiana (con il numero 5) nel 1958, quando sostenuto ed apprezzato solo dall'allora segretario nazionale della D.C. On. Amintore Fanfani, fortemente contrastato a livello regionale e provinciale, ha attraversato la Lucania , in lungo ed in largo, con forza, suscitando ovunque ammirazione ed entusiasmi, adesioni ed incoraggiamenti, forte solo della sua fede vissuta come missione, armato della sua parola e delle sue convinzioni. Se fosse stato eletto avrebbe certamente dato un contributo originale notevole all'affermazione democratica delle genti lucane che, appunto allora, forse per la prima volta, dopo la denuncia sociale del “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi, si affacciavano speranzose alla ribalta della Storia dei tempi nuovi e diversi. Non dimentichiamo che proprio in quegli anni si andava esaurendo la secolare lotta contadina per il possesso della terra di fronte all'avanzare di un processo d'industrializzazione a tutti i costi, e quindi, forse, sarebbero stati possibili in quegli anni più incisivi interventi sociali anche a salvaguardia del territorio e della tradizione.

L'isolamento politico degli anni '60, determinato soprattutto dalla tenace indipendenza di giudizio di Enzo Cervellino, dal suo anelito tutto interiore di sentirsi e di essere comunque un uomo libero, trovò stimolo e conforto di superamento negli studi e nell'amicizia intesa quest'ultima come vincolo umano profondo e solidale. Riscoprì allora la sua più autentica vocazione di educatore generoso, più che mai aperto ai nuovi problemi giovanili, riscoprì i suoi più antichi e più vivi interessi, la sua più sofferta identità lucana, di meridionalista convinto.

Ha iniziato così una corposa serie di ricerche paremiologiche per avvalorare in se stesso, sulla base dell'indagine storica, quanto fossero giuste le sue opinioni sul mondo contadino. La Storia in Lui si andava crocianamente contemporaneizzando e la passione diveniva speranza. I temi di fondo affrontati gli vennero offerti dai problemi dell'antropologia culturale, indagata come studio sui comportamenti, sugli usi, sui costumi, sulle credenze del popolo, i quali, nella trattazione della esperienza collettiva dei “proverbi”, hanno trovato nei secoli, nello scorrere della civiltà che si fa cultura per riproporsi ancora una volta come civiltà in forma nuova e attuale, la loro giusta forma espressiva. Videro la luce in quegli anni, dal 1960 al 1964, pregevoli saggi, oggi pressoché introvabili, di vita contadina, di storia patria, di temi e di problemi di attualità sociale e politica.

Noi che gli eravamo accanto in quei momenti di intenso lavoro possiamo testimoniare la passione, lo zelo e la precisione che Egli poneva nelle sue ricerche, perché in esse egli tentava di inverare se stesso, di fare chiarezza al suo interno. Quanto in effetti Cervellino fosse dedicato al riscatto della sua terra e delle popolazioni lucane nel solco mai interrotto della tradizione che si rinnovellava nel suo pensiero, lo si riscontra nel ripercorrere tutte le tappe del suo itinerario di scrittore e di saggista, fino alla pubblicazione dei due pregevoli volumi “Regio Vulturis”, ed. Osanna, Venosa, 2003, i quali si situano, all'interno del percorso della ricerca storica e paremiologica regionale, come lavoro di sintesi finale e conclusiva della sua vasta passione civile e politica.

Ma di questo percorso, senz'altro interessante e illuminante di tutta la personalità di Enzo Cervellino, ci riserviamo a parte la trattazione, perché il soffermarsi ora non potrebbe offrire un quadro completo dello scrittore, la cui opera andrebbe puntualmente analizzata nella sua globalità non solo, ma pure nei suoi particolari, che sono in fondo i pensieri più veri della sua produzione.

 

Bari, 20 marzo 2007