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17/04/2021

UNA PERICOLOSISSIMA FRAMMENTARIETA’ DELL’ANIMA: “#DONTBESOCIAL #BEYOU”

 

Mi capita tra le mani, era l’altro ieri, una vecchia riflessione che tempo fa affidavo “en passant” ad un taccuino riposto in fondo alla libreria, un piccolo block-notes giallo che faccio per buttare nella spazzatura.
Lo leggo però prima un attimo, non si sa mai: lo faccio in realtà più per scrupolo che per amore di ciò che vi possa essere ritrovato (o rintanato) a inchiostro.
“Aspetta” mi dico, “non gettarlo … a qualcosa forse può servire: siamo in un periodo, questo di Avvento, che richiama il grande mistero del Silenzio, della riflessione, dello “gnoti seautòn”, il “conosci te stesso” di socratica memoria … è una riflessione quotidiana, piccola piccola- è vero - e non ha, né vuole avere, così come è ovvio, alcuna pretesa di massimi sistemi.

È una voce come tante. Una biro che scorre tra un ritaglio di tempo e l’altro, come molto spesso capita nella vita così piena di tante, troppe cose. Ma quel che più conta è che il pensiero in questione è venuto fuori così, semplicemente, come effetto – e questo lo ricordo bene - di un sentimento che negli ultimi anni spesso mi era parso di scorgere quale costante valoriale in netta crescita tra i discorsi di chi tra i miei coetanei si era sempre posto quella particolare “domanda in più sulla vita.”
È bello sapere che infondo c’è stanchezza nei confronti di questo nulla che ci sta fagocitando.
È positivo sapere che stiamo per perdere la bussola, perché la ritroveremo.
La stanchezza è uno start positivo.
C’è una nuova urgenza di identità.
Urgenza di ritornare, ripartire, ricominciare.
Urgenza di ritorno a forti identità personali e comunitarie, perché senza essere ed appartenere non si può esistere.

E allora, perché l’esistenza non scorra via tra le mani scivolando rovinosamente come sabbia, senza forma nè ragione, è necessario prepararsi, riflettere, leggere tra le righe del sociale, capire il passato, emanciparsi dalla massa (soprattutto quando questa forgia idee poco chiare, poco etiche e molto fuorvianti) e in ultima istanza è necessario agire, anche solo come goccia che piova nel mare.
Quelle qui sotto potrebbero apparire a primo impatto parole di condanna nei confronti dell’”ultimissimo oggi” ma sono parole che ricordo anzitutto un po' sofferte…e anche un po' “arrabbiate”.
In una tale occasione, poiché esse sono piaciute all’amico Pasquale tanto da pregarmi di inserirle nel blog, mi piace farle precedere da una “pars costruens” che ne attenui il tono di scoraggiamento, tono che ritengo comunque conseguenza di uno sradicamento sociale tale da essersi reso colpevole di un ormai mancato riconoscimento dei tratti umani nel vissuto odierno.
È veramente questa insomma - vale la pena ripeterselo- la società e la civiltà che volevamo costruire?
Possiamo risalire la china, perciò è necessario oggi più che mai:

Conoscere se’ stessi;
Leggere di più;
Condividere più sentimenti e meno hastags;
Guardare nuovamente negli occhi la gente;
Parlare faccia a faccia con i propri simili, senza farsi scudo né abusare dello schermo della tecnologia;
Ricordare e conservare ciò che ci insegnarono gli anziani;
Non perdere il patrimonio della Fede;
Tramandare l’espressione locale delle nostre peculiarità socio-etno-linguistiche;
Difendere l’arte, la musica, la cultura;
Non far passare nessuna idea senza sottoporla al vaglio del proprio giudizio critico adeguatamente curato, nutrito, educato;
Avere il coraggio della propria diversità e delle proprie opinioni;
Provare a non considerare l’altro come un potenziale rivale ma come qualcuno che ha certamente qualcosa da regalare, poiché tutti siamo portatori sani di buone idee nascoste nel profondo;
Abbattere il muro del pregiudizio, dell’invidia, dell’insoddisfazione personale;
Sentirsi piccoli di fronte al mondo e all’universo ma grandi nella capacità di amare, fare e pensare;
Coltivare la speranza contro ogni speranza.

E poiché stiamo vivendo:

Una società dell’edonismo e dell’insoddisfazione
Una società dell’ego e del disinteresse
Una società assuefatta ed annoiata
Crassa, obesa del nulla e diffidente
Una società del chiasso, che teme fortemente il silenzio
Una società che abbassa la guardia ma che al tempo stesso pretende ogni specie di vuota attenzione
Una società frettolosa, velocissima da stordire, che ti ruba l’anima in un soffio e nemmeno te ne accorgi
Società antisociale affogata in una confusione da Social
Che spia ed è spiata
Una società dell’inflazione dell’immagine, della sovraesposizione mediatica, dell’iper-appiattimento
Società la cui competizione spietata ed abnorme annienta l’intrinseca, innegabile, nascosta bellezza e peculiarità della persona
Società soffocata, schiacciata, ridotta ai minimi termini e ai minimi storici, confusa e stordita da voci contrastanti e dispersive che rimandano ad un pugno vuoto sfociante nella rabbia e nella frustrazione
Società che bandisce i libri e la cultura
Società che quota il diverso come fenomeno da baraccone
Società degli elogi alle masse, alle violenze, all’ebetismo finale
Un punto vuoto di milioni di persone proiettato nel nulla, che non leggono, che s’informano poco e male, che puntano il dito senza sapere dove puntare davvero, abituati e ciechi difronte all’invasione di un’ormai pericolosissima frammentarietà dell’anima…
In questa società ci è dato di fare ormai solo due cose: affogare con essa o scegliere di nuotare controcorrente.
“Conosci te stesso ed abbi la consapevolezza di essere inferiore a Zeus”
Era la scritta che campeggiava sul frontone del Tempio di Apollo a Delfi.
La tecnologia non ci renderà mai dei superuomini, semmai degli ominidi, dei surrogati. E i surrogati, per loro stessa definizione, si sa, tendono ad essere alquanto pericolosi. L’adattamento alle cose nuove è certamente essenziale, innegabile, vitale e presuppone la forza energetica, osmotica e contagiante della curiosità, senza la quale non saremmo mai arrivati sulla luna né avremmo mai osservato i buchi neri all’interno di una galassia. Ma non possiamo dimenticare che c’è stato un lungo viaggio prima di tutto questo: ed è il viaggio dal quale siamo provenuti, il viaggio che ci ha permesso di essere e pensare esattamente nei termini in cui oggi siamo e pensiamo.
“Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell’uomo che risiede la verità. E se scoprirai mutevole la tua natura, trascendi anche da te stesso. Tendi là dove si accende la luce stessa della ragione.” (Sant’Agostino, “De Vera Religione” 39, 72.)
Mai come in questi strani giorni l’uomo risulta assetato di una profonda spiritualità. C’è in noi una sete di grande luce e di immensa giustizia. È una sete talmente forte, che a tratti diventa irrazionale ma è così tanto vaga che ancora (e questo è grave) non gli si è riuscito a dare un nome. Ad ogni modo esiste il pericolo di morire assetati: dunque siamo in una situazione di emergenza assoluta.
Spesso nelle situazioni di pericolo è l’istinto a salvarci. E così, in questo momento storico che molti concordano essere grave non tanto per le contingenze, quanto per l’ignoto cui ad ogni livello sembriamo tendere ed essere proiettati, a livello sia globale che personale, è proprio l’istinto a dirci di fare marcia indietro, di tornare a casa.
La casa siamo noi, la casa è ciò che abbiamo costruito dentro.
“Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.” (Josè Saramago, “Viaggio in Portogallo”.)
È ora di fare ritorno nella nostra casa. È ora di accendere le luci che abbiamo lasciato da troppo tempo spente. È ora di aprire la porta che dà sulla strada buona, quella che rimaneva chiusa e sbarrata per timore. È ora di ritornare. È ora di non sentirsi più gli stranieri di noi stessi. È ora di fare ritorno. Non per distruggere ma per salvare ciò che è buono. E per poi riprendere, ancora e bene, ricominciare.

Angela De Nicola

 


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